ANGLOMANIA, A CHE TITOLO?
Si sta diffondendo non sappiamo se la moda o il vezzo o la tendenza dei titoli dei film in lingua originale (tra i più recenti: American Sniper, Magic in the moonlight, Big Eyes), cosa sensata e congruente. Tanto più che in moltissimi casi i titoli in italiano stravolgono completamente il senso del film quando addirittura non lo banalizzano. Tra i tanti esempi, un bellissimo film di J. Losey, “Figures in the landscape” (Figure in un paesaggio) alias “Caccia tragica”, che non ci azzecca proprio nulla; “Gaslight”(Luce a gas) di Hitchcok, “Angoscia”; “Rebels without a cause”(Ribelli senza ragione) diventa “Gioventù bruciata” etc., titoli arbitrari o da fotoromanzi (per l’epoca). Personalmente preferiamo vedere i film in edizione originale (sottotitolati), pur avendo sempre apprezzato l’alto livello artistico dei nostri doppiatori tra i quali fior di attori di teatro; un’abitudine/attitudine, questa, non congeniale al pubblico italiano, pigro ed insofferente a leggere i sottotitoli. A dire il vero, per i titoli sarebbe opportuna una sotto-traduzione (letterale) trattandosi in certo qual modo di un “testo” non automaticamente comprensibile da chi ignora la lingua originale. Una tale tendenza, dunque, si collega, in modo inverso ed opposto, all’uso ed abuso di tanti termini anglo-americani nel linguaggio corrente, codificati a tutti gli effetti, per noi linguisticamente oziosi. Se nel caso dei titoli si pone il problema della comprensione, in questo caso parleremmo di “automatismo” linguistico, forse anche di uno snobismo che vale a mascherare l’ignoranza crassa degli italiani circa l’apprendimento e l’uso delle lingue straniere. Molti termini (inglesi), infatti, vengono usati dai parlanti intuitivamente o approssimativamente, comunque senza conoscerne l’effettivo significato. Atteso che la nostra lingua dispone di un vocabolario tra i più ricchi, variegati e ingegnosi esistenti; considerata secolarmente superata la ben nota polemica tra Classicisti e Romantici (1700-1800), sostenitori gli uni di una cultura-letteratura-lingua tassativamente italiana, gli altri straniera (europea) non potendosi precludere la conoscenza dei testi-culture d’oltralpe salvo scadere nel provincialismo (nazionalismo), rivendichiamo a buon diritto l’uso dell’idioma nazionale anziché quello anglosassone sia pure soltanto per il “pret-a-parler” (il francese è più chic!). Ovviamente secondo la visione e lezione di Gramsci, di una “Letteratura e vita nazionale”, di ampio respiro culturale cioè sovranazionale, fermo restando la salvaguardia della tradizione ed identità etnico-linguistica. E’ un dato di fatto che l’evoluzione dei tempi e l’apertura delle frontiere ha elevato, per unanime riconoscimento, la lingua inglese ad una moderna koiné, una sorta di collante ed incentivo utile alla comunione-comunicazione tra i popoli. Ciò non implica di necessità l’andare a pigione di quell’idioma per qualche spicciolo lessicale (termini od espressioni pratiche o convenzionali)! Se il diffondersi e l’affermarsi della prassi dei titoli dei film in lingua originale fosse uno stimolo a coltivare l’approccio alle lingue straniere, questa sì che sarebbe un’occasione di buona scuola nazionale ed educazione europeistica.
NUOVO CINEMA PARADISO
Da un po’ di tempo non entravamo in una sala cinematografica del centro. Da quando le tre sale storiche (Giacomini, Corso, Supercinema), se abbiamo ben capito per accordi o scambi di distribuzione-programmazione, hanno smesso di proiettare film “nobili” (di qualità) per ripiegare su film “ignobili” ovvero di cassetta o presumibilmente più commestibili. Ciò ha dirottato, per amore o per forza, una discreta fetta di pubblico, quello che anche a Latina gradisce vedere film d’autore e comunque di buon livello artistico, nelle sale (anonime) del benemerito e periferico cinema Oxer, le cui sette sale soddisfano i gusti sia degli “Ottentotti” (popolo) sia dei “Parigini” (aristocratici)! Abbiamo appreso che tutte e tre le sale storiche sono state o sono per essere messe in vendita, alcune in attesa di permesso per cambiamento di destinazione d’uso. La causa è dovuta alla scarsa o scarsissima frequenza di spettatori quindi alla crisi in atto etc. Una ragione analoga benché per una diversa crisi (esplosione degli home-video-film) indusse a trasformare quelle storiche sale nelle attuali multisale, multiplex per superfetazione, ovviamente per parare i colpi dei magri incassi etc. Fu così che l’accogliente cinema-teatro Giacomini fu sconciato. A ripensarci, se fosse rimasto tale quale era, a parte il valore storico ed architettonico/strutturale, oggi avrebbe consentito un uso senz’altro migliore, ad esempio a sala da concerto o musicale (l’acustica era senz’altro buona). Diverso il discorso per lo smantellamento del vecchio cinema dell’Aquila, anch’esso concepito a regola d’arte, demolito per “risorgere” come Standa (anni ’70); in questo caso dovremmo tirare in ballo lo scempio delle Poste, della Casa del Contadino etc. e cioè l’insipienza e la rovinosa speculazione edilizia degli anni Sessanta e buonanotte ai malfattori. Digressione a parte, non possiamo non lamentare che il centro di una città rimanga sguarnito di colpo di tutte le sale cinematografiche, che magari saranno tramutate in supermercati o negozi di abbigliamento, una “sopraffazione” non paragonabile al sopravvento della Standa di allora. Che comunque segnò un’emancipazione per la città come lo è stata, in anni successivi, La Feltrinelli sorta sulle ceneri della medesima (2010). Se quel vecchio cinema avesse potuto prevederlo, sarebbe “morto” contento! Al dunque: qualche sera fa siamo andati al Cinema Corso dove, finalmente, era in programmazione un film “nobile” (American Sniper,in contemporanea con l’Oxer), ore 18.00, una discreta fila al botteghino, la sala al completo. All’uscita abbiamo dovuto sgomitare per superare una fila piuttosto lunga in attesa per lo spettacolo successivo. Confessiamo che tra l’incredulità e lo stupore abbiamo gioito, per il buon cinema e per la città. Ci siamo chiesti se sia poi così scontato che la gente diserti queste sale; se il vuoto registrato negli ultimissimi anni non sia dovuto piuttosto alla programmazione esclusiva di film di cassetta (non tutti di successo); ad una sottovalutazione dei gusti del pubblico, giovane e meno giovane; al difetto di una promozione o pubblicità adeguata. Eppure il Cinema Corso, fino a non molto tempo fa, era la sala più accreditata per vedere dei buoni film. Non conosciamo le dinamiche, le convenzioni o gli accordi in merito alla situazione attuale (di stallo), tuttavia avanziamo timidamente una proposta: gli esercenti o proprietari provino a rilanciare il grande cinema, magari con una formula studiata all’uopo senza dover confliggere necessariamente con l’Oxer, oramai sicuramente avviato e bene impostato. D’altra parte, se il cinema dei salesiani, anch’esso storico, è stato in grado di sopravvivere come teatro –il Moderno-, non dovrebbe essere impossibile la sopravvivenza o rinascita di un “Nuovo cinema Paradiso”, al centro della città.
Giorgio Maulucci
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