CALABRIA, PROFONDO NERO
Sembra che il nuovo cinema italiano sia nuovamente andato in paradiso! Tanti sono i film di giovani promesse esordienti o già affermati; di registi più anziani che, però, danno segni di stanchezza (Pupi Avati). Superata l’impressione del primo impatto, a dire il vero ci si accorge che buona parte della produzione è un riciclaggio, sia pur di tutto rispetto, di copioni per lo più scontati; soprattutto un adeguarsi al sociale complessivamente inteso secondo le richieste del mercato: emarginati, extracomunitari, reietti o diseredati (omosessuali compresi) in alternanza a tematiche “georgiche”. Insomma, un neorealismo di ritorno, in più d’un caso deteriore.