PAOLO SORRENTINO O DELL’ ETERNA GIOVINEZZA
Con “Youth” Paolo Sorrentino ha dimostrato che il cinema italiano è entrato in un’orbita “spaziale”, si è conquistato cioè uno spazio privilegiato, quello dei grandi classici e capolavori XXI sec. Non è questione di Oscar o di Palma d’oro, ma di più. Si tratta di un’opera completa, modernissima nello stile, nell’architettura; per l’ordito e la sceneggiatura. Una grande “commedia umana” di cui la vecchiaia è l’ultimo atto del viaggio esistenziale. Come un Balzac o un Dante avrebbero potuto immaginarla oggi. “La grande bellezza”, metaforicamente infernale, è stato il prologo immaginifico, l’antefatto del capolavoro; “Youth-La giovinezza”, metaforicamente purgatoriale e paradisiaco, la prosecuzione in crescendo. L’uno, all’insegna della “perdizione” ovvero della dannazione di una società opulenta in disfacimento, attraverso la lente deformante di un luogo emblematicamente e moralmente deputato (Roma); l’altro, all’insegna della redenzione, del riscatto e della resa dei conti di una vita attraverso la lente della vecchiaia, che della vita è la cartina di tornasole evidenziandola in ogni variegatura, nelle sue pieghe più intime e nevralgiche.