DUE NOTE (STONATE)
- IL RE SOLE
Con un occhio ridiamo, con l’altro piangiamo a sentire della “deriva autoritaria” e quindi del pericolo dittatoriale derivante da Renzi. Come se Berlusconi, a confronto, sia stato l’angelo della democrazia nonostante i conclamati misfatti, colpi di mano, arroganza ed abuso del potere,da politici e gente comune oggi dimenticati. E’ proprio vero che l’Italia e gli italiani hanno la memoria corta; che gli sguardi nostalgici al passato valgono solo a garantire loro che la terra sia ferma come se Copernico non fosse mai esistito; che a sovrintenderla sia un sovrano autorevole ed autoritario purché di destra o fascista. Renzi “solare”, cioè equiparabile al Re Sole? Magari! Se non altro avremmo l’illusione di un’età dell’oro (non importa se “oro di Bologna che si fa nero per la vergogna”!) Ad onor del vero, non poche sono le corrispondenze tra la politica interna ed estera di quel re e Matteo Renzi il quale, però, benché proceda dritto ed a gamba tesa, non riesce ad orientare l’ago della bussola. Non è un politico incallito, per ora ancora “sperimentale”, forse d’avanguardia. Come tutte le avanguardie, all’inizio, disturbante e inconcludente, nel prosieguo si spera non inutile. Un Principe in sordina rispetto al modello machiavelliano, né volpe né leone, più credibilmente un Veltro (cane), che auspichiamo faccia finalmente “morir con doglia” Berlusconi e tutta “la compagnia malvagia e scempia”. Non fosse che per questo andrebbe bene, ma tanti problemi restano insoluti. Non tanto per sua incapacità, ma per non avere individuato che l’età moderna preconizzata da Luigi XIV, divinizzata dall’individualismo illuministico, oggi si sta spegnendo. Acclarato che lo stampo assolutistico che gli viene contestato non può né deve essere confuso con quello berlusconiano; che Renzi poterebbe essere un principe illuminato della contemporaneità al quale, però, sfugge che quei lumi (settecenteschi) oggi non possono più illuminare sovranamente una società multietnica, una cosa è certa: il cosmopolitismo di allora non si combina con l’Europa di oggi. Caesar non est supra grammaticos (Svetonio), Cesare non è indistintamente al di sopra di tutti. “….Ora, ciò che un popolo non può decidere per sé, lo può ancor meno un monarca per il popolo, poiché la sua autorità legislativa si fonda sul fatto che egli riassume nella sua volontà, la volontà generale del popolo”: lo scrive I. Kant nel celebre manifesto “Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo?”(1784), in cui li filosofo pone “particolarmente nella materia religiosa il punto culminante dell’illuminismo”. Nonostante che il punto nevralgico del ragionamento verta sulla questione religiosa –ma anche sociale in genere-, c’è un passaggio che sembra adattarsi all’uomo e al politico Renzi : “ Ma è pur vero che solo colui che, illuminato egli stesso, non ha paura delle tenebre e contemporaneamente dispone a garanzia della pubblica pace d’un esercito numeroso e ben disciplinato, può enunciare ciò che una piccola repubblica non può arrischiarsi di dire: <Ragionate quanto volete e su tutto ciò che volete; solamente obbedite!> “. Che il Matteo-Mattatore possa essere politicamente “superficiale” o distratto, baldanzoso o altro, passi; l’importante è che non perda il lume della ragione e si limiti ad “enunciare” (non a proclamare) dimostrando l’enunciato. Quanto a noi, preferiamo senz’altro lui sotto le mentite spoglie di un Re Sole anziché quei due (o tre) sotto quelle di un Cavaliere Nero o del Terrore. Un “sole” che possa far ardere come stoppie, nel Parlamento, gli indegni e infausti rappresentanti di un popolo alla deriva della sopravvivenza per mancanza di sovrana garanzia democratica. Si vergognino e siano banditi.
- CANZONI E PALLONE
Siamo provocatoriamente sconci: per la salute e il risanamento dell’Italia proporremmo l’abolizione delle partite di calcio e del “pallonismo” insieme al festival di Sanremo, che non è come il San Gennaro di e per Napoli. In un paese che cade a pezzi queste sembrano essere le due istituzioni più solide, rassicuranti e apotropaiche. Si dirà che esse vanno a beneficio della salute mentale del popolo, una sorta di prevenzione o di cura per un popolo affetto da certe malattie croniche. Dobbiamo parlare di tradizioni? Il calcio, si sa, coinvolge ogni nazione, dove più dove meno, nelle forme e nelle espressioni più colorate od esagitate. Ma in Italia, in questo e in ogni altro ambito, si arriva al parossismo così delle reazioni come della corruzione senza scrupoli e senza ritegno. Ovviamente, sempre a discapito degli “infelici” molti, di quelli cioè che i calci anziché tirarli ad un pallone se li prendono in quel posto. Dopo il Sanremo mieloso e autoreferenziale dell’anno scorso con il cascamorto Fazio e la piattola Littizietto, quest’anno dobbiamo dare atto a Carlo Conti di una compostezza e professionalità che fa onore a conduttori e/o presentatori storici. A parte la tediosa, spesso insulsa ripetitività di parole e musica di rado degni di essere ascoltate, lui ha avuto il buon senso e buon gusto di confezionare uno spettacolo sobrio pur nella spettacolarità dell’allestimento, secondo lo stile dei grandi “sabato sera” televisivi (Studio Uno), improntati alla intelligenza e alla qualità di interpreti ed ospiti. Se la televisione ne rinnovasse lo stampo e sopprimesse le incredibili cialtronerie che propina, potremmo parlare finalmente di una rinascenza salutare per gli utenti. Conti conosce il suo mestiere e si limita a metterlo a frutto tenendo sotto controllo la platea e il palcoscenico senza ricorrere ad abusate stravaganze; dosando opportunamente gli ospiti, interagendo con loro in modo misurato ed elegante. Come in ogni dove non mancano alcuni nei. Prima di tutto l’ombra incombente di “Amici”, che continua ad imporre giovanotti di dubbio talento (ve lo ricordate quel Carta catastrofico, spudorato vincitore di chissà quale Sanremo, proveniente dal covatoio Costanzo-De Filippi?). Che dire dei due patentati pagliacci da galera a nome Bigio e Mandelli? Ci vuole o no del coraggio a proporli? Piacciono al pubblico idiota? Si abbia il coraggio di scoraggiarlo e di non insultare il pubblico intelligente. Deboli i comici, il primo dei quali (Siani) addirittura patetico: che un comico rida delle battute prima del pubblico aspettando che questi lo segua e invece niente, è davvero scuorante. Il secondo (non ricordiamo il nome) non lo abbiamo, invece, capito. Riserbiamo per ultima Arisa, uno dei “gioielli” di Conti –così ha presentato le tre vallette, la migliore in assoluto Emma-, che da sola basterebbe a discreditare lo stesso Conti e ad oscurare il festival. Inguardabile, volgare, arrogante nella sua assoluta imbecillità, uscita da una discarica. Fin dalla sua prima apparizione, qualche anno fa, ci chiedemmo dove si nascondesse la sua arte canora, musicale e femminile. A nostro avviso, sospettando della sua assoluta insignificanza, le hanno consigliato di sopperire ad essa fingendo di essere quello che realmente è cioè scema e deficiente (manchevole di ogni bene). Anche lei uscita dal detto covatoio (almeno crediamo), alla quale hanno permesso perfino di profanare l’Auditorium/Santa Cecilia (vi rendete conto?), incautamente scelta da Conti come un “gioiello”! Bene, questo dà la misura di quanto l’Italia sia davvero il paese di tante “corti dei miracoli” e delle oscenità. In nome della cultura e della buona musica facciamo un appello: si cancelli questo oltraggio, lo si condanni all’esilio permanente. In un luogo talmente assordante che non si oda la sua voce. Si eviti, peraltro, la durata interminabile (fino all’alba) della kermesse, dell’ancora e sempre Sanremo da mane a sera, senza soluzione di continuità. Mentre dilagano notizie terribili di transfughi annegati, dalla Libia e altri fronti incandescenti. Si intoni, finalmente, una canzone dal titolo: “La musica è finita” (con variazioni sul testo cantato dalla Vanoni).
Giorgio Maulucci
Tags: Alessandro Cozzolino, Festival di San Remo, Giorgio Maulucci, Re Sole
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