Festa della Repubblica. Il pensiero di Giorgio Maulucci
Ancora una volta l’amico (nonché mio preside al liceo classico) Giorgio Maulucci mi da la possibilità di ospitare su questo sito le sue interessanti riflessioni sulla festa della Repubblica.
“Ogni popolo che ha potuto e saputo liberarsi dall’oppressione e soggezione fascista o comunque dal totalitarismo, ha l’onore, il privilegio e il dovere di celebrare il giorno della liberazione. Il 2 giugno 1946 (68 anni fa) anche Latina, non più Littoria, festeggia una nuova era. Il governo di Ferruccio Parri –Partito di Azione- si era dimesso nel 1945, al quale seguì il governo De Gasperi. Il 25 febbraio 1946 Pio XII condanna l’ideologia comunista. Il cammino, la gestazione della nuova era repubblicana è stata lunga e caratterizzata sempre dall’indole conservatrice o moderata del nostro paese. Quarant’anni di governo DC hanno dimostrato, infatti, che l’Italia è politicamente “pigra”, non immediatamente propensa a cambiare, a rimanere piuttosto seduta e guardare se qualcosa di nuovo si profili all’orizzonte e poi si vedrà. Per reagire al ventennio fascista sono passati vent’anni. Altrettanti ce ne sono voluti per quello berlusconiano; nel frattempo gli italiani sono stati a guardare, ma anche la sinistra. Guardando al passato remoto ci si rende conto che l’Italia è stata sempre affetta da una sorta di “influenza”, in primis della Chiesa. Ce ne rendiamo conto leggendo le testimonianze di grandi poeti e scrittori della nostra letteratura tra i quali Ugo Foscolo, che nel 1814 scriveva alla D’Albany : “L’Italia è cadavere, e non va tocco né smosso più omai, per non provocare più tristo il fetore; e odo talvolta alcuni pazzi che vanno fantasticando vie di resuscitarla: per me invece la vorrei seppellire meco, e innondata da’ mari, o arsa da qualche nuovo Fetonte, che le precipitasse addosso con tutto il cielo in fiamme, e che tutti i quattro venti ne disperdessero le ceneri, e che le nazioni presenti e avvenire si dimenticassero l’infamia del nostro secolo. Amen”(U.Foscolo, Epist.). Un giudizio duro, disarmante e scuorante per la “tragica” attualità. Che fa capire però quanto lo stesso Foscolo benché amareggiato e deluso dalla dittatura e tradimento napoleonici, auspicasse fortemente un riscatto. Che col Risorgimento prima, la Resistenza dopo ha pur dato i suoi frutti. Certo, un Risorgimento senza eroi come Piero Gobetti ha scritto, vale a dire a metà, ma pur sempre salutevole (a parte l’irrisolta questione meridionale di cui l’analisi di Gramsci). Gobetti e Gramsci, invece, sono stati dei veri eroi avendo notevolmente contribuito alla rinascita dell’Italia con il loro esempio di intellettuali e combattenti di prima linea; indicando la vera via del comunismo, che non era esattamente quella sovietica e neppure di Togliatti. Un’Italia democratica e repubblicana, rinata con la Resistenza durante la quale tanti altri “eroi” si sono battuti per la libertà. Conosciamo le opposizioni e critiche ideologiche a riguardo. Non le condividiamo. I partigiani? Fecero il loro dovere; tra loro teste calde o gente sbagliata come in ogni ambito militare e non. Con lo storico C. Paone noi siamo per una Resistenza civile, quella che dovremmo proporci ad oltranza nel giorno della ricorrenza della proclamazione della Repubblica. Resistere per risorgere; per combattere, è il caso di dire, i nemici della patria che in giro sono tanti e pericolosi. Nel 1925 Gobetti si augurava “che l’Italia riesca a trovare in sé la forza per superare la sua crisi e riprendere quella volontà di vita europea che parve annunciarsi, almeno in certi episodi, col Risorgimento” (P.G., Scritti Politici, Il fascismo, Le ragioni dell’opposizione). In questi giorni, forti della grande lezione di libertà venuta, come si diceva, dal Risorgimento e dalla Resistenza, è vitale guardare all’Europa e nel contempo allearsi contro gli euroscettici; a non sottovalutare la nuova onda fascista proveniente dalla Francia. Il fascismo, scriveva ancora Gobetti, “All’Italia immatura offre una culla che potrebbe essere la tomba delle coscienze civili diventate private dopo aver eliminati provvisoriamente alleandosi ancora una volta con la plutocrazia, i due problemi che sarebbero stati la Bastiglia del popolo italiano: i rapporti tra lo Stato e le classi operaie; l’incontro e l’antitesi tra industria e agricoltura”. Sostituiti alcuni termini e rivisti alcuni concetti, il monito continua ad essere significativo”.
Giorgio Maulucci
Potete leggere le mie riflessioni pubblicate su www.latinaquotidiano.it dal titolo “La festa della Repubblica, i costi della politica, la necessità delle riforme”.
Tags: 2 giugno, Alessandro Cozzolino, Festa della Repubblica, Giorgio Maulucci
Trackback from your site.