CAMPAGNA NASTRO ROSA 2014
LA VIE EN ROSE (La vita in rosa)
Prevenzione e conservazione dovrebbero essere l’abci della vita di ciascuno di noi: prevenire il male e il dolore, ai limiti del possibile; conservare la parte migliore di sé. La Campagna Nastro Rosa ha origine nel 1989, negli Stati Uniti, ad opera di Evelyn Lander, colpita da tumore al seno. Quella del mese di ottobre 2014 è la XXII edizione nel mondo – in settanta nazioni- le cui città (migliaia) si illuminano di rosa compresi luoghi e capoluoghi del Lazio, tra cui i trentatre comuni della provincia di Latina che, con quella di Trento, hanno aderito in toto. Lo slogan è : “Sconfiggiamo il tumore insieme”. L’impegno e la dedizione della LILT-LegaTumori di Latina (istituita nel 1979) sono ben noti a livello nazionale ed internazionale. Alla LILT si abbina il Gruppo Interdisciplinare Senologia AUSL con un programma di collaborazione chiamato Progetto Mammella. il Dott. Alessandro Rossi (Presidente LILT) e il Dott. Fabio Ricci (oncologo, specialista del tumore alla mammella) sono tra gli strenui esponenti di una battaglia culturale e “salutare” ad ampio spettro, che punta sull’ Ascolto, la Condivisione, la Sensibilizzazione. Tre nodi nevralgici prospettati dal Dott. Ricci nei numerosi incontri/convegni, in Italia e all’estero, avvalendosi di un metodo ed un mezzo di comunicazione scientifico-artistico assolutamente accattivanti ed efficaci. In materia di prevenzione la comunicazione, infatti, è fondamentale; un deterrente per abbattere scetticismi circa le risultanze sulla stessa prevenzione e ancor più la paura o la sfiducia che assale chiunque sia colpito da un male aggressivo. A maggior ragione la donna purtroppo destinata, in alta percentuale, ad essere colpita dal tumore al seno: si registrano 50.000 nuovi casi ogni anno. All’inizio è difficile abbattere quei “Modi barriera” tra paziente e personale sanitario causa la diffidenza, spesso la incomunicabilità dovuta a due linguaggi dissonanti, quello scientifico (la diagnosi) e quello psicologico (l’accettazione della diagnosi). Sembra inevitabile che la donna debba pagare sempre lo scotto del suo essere donna. Specie quando, nel caso del tumore, sia necessaria l’asportazione della mammella; una umiliazione che, sommata alle tante di sempre, sembrerebbe un “sacrificio” dovuto. Il seno, infatti, è costitutivo della bellezza ed essenza femminile; intaccato dal tumore è paragonabile al frutto di una pianta rigogliosa abitato da un verme. E’ anche se non soprattutto per questo motivo che il rapporto/dialogo con le strutture sanitarie ed i medici ad esse preposti è delicatissimo e sostanziale. Nei suoi excursus artistico-scientifici il Dott. Ricci esplora seni feriti, martoriati o intaccati di donne ritratte in celebri dipinti della storia dell’arte di tutti i tempi. Con l’eccezione de “L’incredulità di S.Tommaso” del Caravaggio”: vi si rappresenta il Cristo nell’atto di trattenere il dito del santo puntato sul suo costato, impedendogli di toccarlo. Il relatore lo considera una sorta di manifesto della cultura scientifica ed interpreta come il diritto che ha il paziente di interagire con il medico e decidere di scegliere in merito alla propria condizione. La comunicazione, dunque, il dialogo tra la speranza che vacilla e la convinzione che si debba puntare sulla qualità della vita adottando ogni strategia non ultima quella psicologica. Nonostante che attualmente si registri un aumento del 29% dei tumori al seno delle donne tra i venticinque e i quarantaquattro anni di età, anche il pessimista più incallito deve convincersi che la speranza è l’ultimo guizzo di fiamma a spegnersi. Che quando la vita ci insulta non bisogna accettare a testa bassa l’insulto. “Senza badarci ho buttato via una piccola cosa, forse una cicca di sigaretta….mi sono resa conto che laggiù, forse, giace una fanciulla morta, giaceva lì…Completamente scoperta! …Ma quando mi chinai su di lei, la fanciulla si mosse! La sua bocca si ingrandì, si ritirò in una smorfia…un buco nero…non si capiva se era un grido o una risata…per il resto era pallida….<Dunque sta diventando viva. Forse diventa viva davvero!>. Pensavo a C. Se succedesse davvero che per merito mio diventa viva! Un mio braccio era posato sulle sue due braccia. Avevo una tale paura, e pensavo, non può essere vero che diventa viva…adesso ricadrà nella morte. Abbassai lo sguardo su un suo braccio. Era di argilla. Fresca, morbida argilla…si notavano ancora le tracce di una spatola che l’aveva spalmata un paio di volte alla bell’e meglio… e poi, poi la cosa più straordinaria ! Io le ero vicinissima…lo sguardo mi cadde sulla sua guancia…era rosa, soffusa di un pallido rosa! Ora ne ero certa: rimarrà in vita”. E’ un bellissimo brano-pensiero di Elias Canetti, che dice di “un sogno di M., da lei annotato per me molti anni fa…il 1942 o il 1943”. Rileggendolo in controluce ci suona come un inno alla vita e alla speranza, magari la metafora stessa della vita ritrovata dopo la caduta. Nel nostro caso, il miracolo compiuto da una diagnosi precoce e da una vittoria sulla morte. Un sogno ad occhi aperti, l’avverarsi di una speranza. La dimostrazione che la donna possiede l’incredibile risorsa di risorgere ogni volta. Prodigiosamente feconda. A meno che non venga mostruosamente aggredita da altro genere di cancro, la cui percentuale aumenta spaventosamente di giorno in giorno: il “femminicidio”. Secondo Gilgames l’elemento/figura femminile ha una valenza e forza propagatrice a vasto raggio, mentre nella Bibbia è circoscritta o ridotta ad Eva, un “derivato” (passivo) di Adamo, l’elemento maschile (attivo). “All’inizio di tutto fu Caos e subito dopo Gea dall’ampio seno, sede sicura, eterna di tutti gli immortali che abitano le nevose vette dell’Olimpo”: è l’incipit della Teogonia di Esiodo, che individua nella donna il principio femminile fondatore e fecondatore dell’universo. “Dopo Gea c’è il Tartaro buio nell’abisso della vasta Terra e poi Eros, il più bello tra gli immortali, colui che scioglie le membra di tutti gli dei e di tutti gli umani. Da Caos nacquero Erebo e Notte scura, da Notte nacquero Etere e Giorno, che lei concepì unita in amore con Erebo. Gea generò subito Urano stellato perché l’abbracciasse in ogni sua parte e per gli dei beati fosse per sempre bella dimora”. La Bibbia, insomma, codifica la creazione in un principio maschile, impossibilitato a concepire; per Esiodo, invece, è Gea a generare Urano affinchè la possieda “in tutte le sue parti”. La donna, quindi, è la matrice del mondo. “A Cipro, cinta dal mare, venne alla luce una dea veneranda e splendida e sotto i suoi morbidi piedi subito l’erba spuntava. I mortali e gli dei la chiamarono Afrodite perché fu generata in mezzo alla spuma. Quando,appena nata, raggiunse la gente divina le si fecero incontro Eros e Desiderio ed ebbe in sorte questo potere, il suo regno tra gli uomini e gli immortali, sussurri di fanciulli, sorrisi, inganni d’amore, il dolce desiderio e il piacere gioioso”. Gea dall’ampio seno, donna “universale”. Forse per questo suo potere naturale la donna, nei secoli, è stata contrastata, offesa e vilipesa; demonizzata al punto da essere proverbialmente considerata “puttana”. Un esempio estremo: Semiramide, la lussuriosa per eccellenza, colei che conquistò “la terra che ‘l Soldan corregge” (Dante). La vera Semiramide tramandataci dalla storia non avrà fondato Babilonia o sottomesso l’Egitto, ma era dotata di genio politico come tantissimi uomini non avevano. La leggenda che lei volle piegare le leggi alla sua sfrenata lussuria oggi potrebbe leggersi come un atto assolutamente rivoluzionario: stravolgere i poteri forti; un contropotere. Si peritò piuttosto di fare eseguire delle iscrizioni che glorificassero le sue imprese (cfr. Polieno, Stratagemata, II sec. d.C.). “La natura mi ha donato un corpo di donna, ma le mie imprese mi hanno resa pari agli uomini più valorosi. Ho retto l’impero di Nino che verso oriente arriva fino al fiume Inamene, verso sud al paese dell’incenso e della mirra, verso nord alla Scizia e alla Sogdiana. Prima di me nessun assiro aveva visto mai il mare, io ne ho visti quattro, che mai alcuno aveva raggiunto perché troppo lontani. Io ho costretto i fiumi a scorrere dove io volevo e li ho incanalati in luoghi dove fossero utili: ho fecondato la terra sterile irrigandola con le loro acque. Ho innalzato fortezze inespugnabili, ho perforato con picconi montagne impraticabili per farne delle strade. Ho procurato ai miei carri delle vie, là dove neanche le bestie feroci si erano mai inoltrate. E in mezzo a queste occupazioni, ho trovato il tempo per i miei piaceri e i miei amori”. In evidente contrapposizione alla Semiramide storica emerge la personalità di Chiara di Assisi (S.Chiara), sapientemente e narrativamente “ricostruita” –laicizzata- da Dacia Maraini nel bel saggio-romanzo a lei dedicato, in cui la santa assurge ai vertici della fortezza, coerenza e audacia femminile per aver fatto della sua santità un’arma laica di difesa ed autodifesa; trasformando la sofferenza e anche la malattia in strumenti di lotta e di resistenza. Che ha fatto politica nel senso vero del termine sfidando, in sinergia con S.Francesco, pregiudizi radicati e alcuni “cancri” sociali. Simonide di Ceo, esemplare lirico greco (VI-V a. C.), sentenziava : “In tempi disperati anche la durezza / si fa bene accetta”. La durezza della regola ed autodisciplina, la perseveranza e la fede sono state la linea di condotta di S.Chiara. Prendere coscienza di una sventura o una malattia come il tumore impone di accettarne la durezza per trovare la forza di reagire in virtù della speranza o della fede, della solidarietà. “Sconfiggiamo il tumore insieme”: mediante la condivisione e la sensibilizzazione. Ancora Simonide scrive: “Non c’è male che possa giungere /inatteso a un mortale; in breve tempo / tutto stravolge il cielo”. E’ chiaro che la sentenza vale per tutti indistintamente; in maniera particolare per le donne colpite da tumore al seno, che reagiscono con una determinazione tale da soppiantare la rassegnazione. Oggi più di ieri, fra loro “confederate”, sostenute dalle Leghe-Associazioni e strutture, sono incoraggiate a combattere la paura, a tentare tutto il possibile in vista di qualcosa di meglio. Ad andare avanti per finire col crederci. La Campagna Nastro Rosa 2014 illumina del rosa di una rosa la natura misteriosa della speranza, che al pari della felicità ti addestra a camminare “sul fil di lama”. E’ fondamentale perciò “Concentrarsi su una cosa, così tenacemente, con uno sguardo così intenso che l’immagine dell’albero spoglio si riveste di foglie e fiori” : la prosa poetica di Julia Hartwig ci sembra esprimere al meglio la tensione ed il dovere di prevenire ed agire per combattere l’imprevisto di una natura “matrigna”. Ce lo insegna anche il Leopardi ne “La ginestra”, fiore perfettamente declinabile al femminile: profumato, flessibile e flessuoso, ma estremamente resistente a chiunque voglia abbatterla o sradicarla. Resistere, dunque, a qualsiasi costo. “Lodiamo la vita finché ci è propizia, e poi il caos, le malattie, le sofferenze e d’improvviso il palese nonsenso dell’esistenza, dietro il quale bisogna cercare un altro senso” (Julia Hartwig).
Giorgio Maulucci
Tags: campagna, cancro seno, Giorgio Maulucci, nastro rosa
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