IN THE MOOD FOR DUNG

Pubblicato da Alessandro Cozzolino. in Dai blogger

Cozzolino_MaulucciAbbiamo già scritto di Latina (e Roma) come di una nuova “Mahagonny”, la “città rete” immaginata da Brecht, prototipo ed emblema della corruzione dove tutto si può (Ascesa e caduta/rovina della città di Mahagonny). Governata dal malaffare, lo strapotere della camorra, del clan degli zingari, di altri clan fino  a ieri insospettabili, malavitosamente operosi ed attivi Una città anomala sotto ogni punto di vista. Cresciuta, ingrassatasi  all’insegna delle anomalie, degli abusi, delle connivenze e collusioni delinquenziali, per anni coperte o attutite in modo vergognoso. Al punto in cui si è arrivati non c’è da meravigliarsi: i nomi di chi ha governato o di quelli che hanno maneggiato, manomesso e degradato la città  sono per lo più noti. L’impeccabile, lucida analisi del direttore del quotidiano Latina/EditorialeOggi, A. Panigutti  (Vent’anni trascorsi inutilmente 11.X) è perfettamente aderente al mood della città. L’abbiamo letta con una accorata, paradossale soddisfazione per aver trovato conferma, punto dopo punto, a  quanto da molti anni  lamentiamo, pubblicamente e non.Incuranti di essere tacciati di inguaribile pessimismo, di immotivata disaffezione. A dispetto di certe acide reprimende dei nostalgici “littoriani” (“Ma quello lì, se non gli sta bene, perché non se ne va“?). Ulteriore prova che trattasi di una città che non ha voluto crescere. Dove tanti ed apprezzabili sono stati non solo  i tentativi, ma anche le realizzazioni o promozioni di attività   culturali e non che, purtroppo, non sono valse ad elevarne il tono ed il livello. Non v’è riuscito neppure il prestigioso Campus –oggi Fondazione- nonostante la sua immagine a livello internazionale. Evidentemente, per un soffocamento causato dall’insipienza politico-amministrativa, dal lasciarsi irretire da subiti guadagni e da clientelari faccende (“città rete”) .Da una pretenziosa “ascesa” che già covava il tarlo della “caduta” per essere  fondata sulla (falsa) idea della prodigiosa città di fondazione, dei fasti littori, della perpetuazione (fascista) di una tradizione “cesariana.”, storicamente distorta (il Latium vetus. non è il fascio littorio, dunque, Latina anziché Littoria). Un’idea che ha confuso tremendamente le acque della malsana palude con quelle del benefico Acquedotto Claudio (Aqua Claudia), pensato per  la Urbs da Caligola, ultimato da Tiberio Claudio Druso. Fino a farla convergere con l’esaltazione (non solo letteraria) del “Canale Mussolini”(!). E mentre si continuavano a celebrare i fasti, si ordivano ed approfondivano -si radicavano- i nefasti (le nefandezze) a vantaggio dei potenti e prepotenti (gente di malaffare), a discapito dei laboriosi ed onesti cittadini. A poco o a nulla sono valsi i questori, i giudici, le inchieste e i controlli della finanza: ogni volta tutto veniva insabbiato, magari con qualche denuncia o arresto tanto per gradire, fino al proliferare di uno spaventoso groviglio  malavitoso. Ci sono voluti due Commissari per scoperchiare il malfatto e il maltolto. Compiuta la sua missione il primo (Dott. G. Nardone),  si è  di colpo, nuovamente precipitati nell’assurdo con un sindaco non all’altezza della situazione, inadeguato alla vera, qualificata politica. Riproponendosi perciò la necessità di un secondo intervento-mandato commissariale (Dott. Barbato). 

La politica  è un’arte difficile ed infida, che richiede non solo abilità ma intelligenza e destrezza. Anche scaltrezza, che non vuol dire abdicare all’onestà e alla trasparenza. La politica non si improvvisa (male ha fatto Marino ad improvvisarsi sindaco). Nessun mestiere o professione, a dire il vero, si improvvisa, meno che mai la politica tanto meno la cultura. Entrambe, nel capoluogo pontino, sono state spesso improvvisate o fraintese, l’una strumentalizzata utilitaristicamente e privatisticamente prescindendo dall’utile/bene collettivo, l’altra contrabbandata come un “diversivo”. Nonostante l’eccezione di cui diciamo sopra, si è dovuta registrare la sordità o l’indifferenza di chi, istituzionalmente preposto al governo della città, avrebbe dovuto tracciare ed indicare una linea, dare un segnale forte ed autorevole, “assoluto”: sciolto da compromessi e connivenze clientelari, da ingranaggi di basso cabotaggio. Alla luce di ciò, arrivare allo stato presente e scandalizzarsi della melma-merda (dung) in cui sono sprofondate sia Roma sia Latina, suona come un insulto a quanti, nel corso degli anni, è stata tappata la bocca. Veltroni pensò, improvvidamente, di dare lustro a Roma con un Festival del Cinema di cui non aveva certo bisogno e tanto meno l’Italia (Venezia). E intanto la città era già sufficientemente sporca, in essa proliferavano le lobby, quelle per male (camorristiche) e quelle per-bene (“salotti” letterari, cinematografici, teatrali, privati e/o istituzionali).  Lui era un politico, certo, che della politica conosceva i presupposti e gli ingranaggi, ma avrebbe dovuto rileggersi Machiavelli per non cadere in contraddizione o trappole. Alemanno (costui l’avrà mai letto Machiavelli?!) Roma l’ha irrimediabilmente affossata senza che si levassero contro di lui i boati scagliati contro Marino: sarebbe ingenuo chiedersi il perché. A quel che ricordiamo, dopo Petroselli e nonostante Rutelli (da non paragonarsi a quello), nella capitale non c’è stato un sindaco del suo livello. Altri tempi, d’accordo, problemi diversi, ma Petroselli seppe dar prova di estrema lucidità di osservazione unitamente ad un estremo interesse  per la cosa pubblica. Questa è l’arte della politica per Machiavelli, quindi, del Principe alias sindaco. Si dica quel che si vuole di Renzi, ma almeno  qualche dritta sembra averla avuta ed accusata  dal Segretario fiorentino! Secondo il quale, nella sua epoca, al Paese serviva una guida ferrea, capace di domare l’anarchia feudale, se necessario con il pugno di ferro. Machiavelli  parla del realismo politico come adesione alla “verità effettuale della cosa” e rifiuto della “immaginazione di essa”. La verità effettuale della storia è il conflitto fra Stato e guppi sociali, fra gli individui, che emerge soprattutto nelle situazioni in cui si scatena una lotta senza quartiere per il potere scavalcando spesso  le regole. Ci vuole, dunque, un polso fermo  che obblighi a rispettare le regole e, ad ogni buon conto, a fare pulizia. Nella  “Allocuzione fatta ad un magistrato” (in  Arte della Guerra), datata al 1500, Machiavelli parla della Giustizia;. gli Dei, scrive, constatato che “mancando la virtù, sorgendo i vizi, cominciarono  appoco appoco  a ritornarsene in cielo; e l’ultimo che si partì di terra fu la Giustizia. Questo non mostra altro, se non la necessità che gli uomini hanno di vivere sotto le leggi di quella; mostrando che, benché gli uomini fossero diventati ripieni di tutti i vizii e col puzzo di quelli avessero cacciati tutti gli altri Dei, nondimanco si mantenevano giusti […]. Questa Giustizia, andatasene in cielo, non è mai poi tornata ad abitare universalmente intra gli uomini, ma sì bene particolarmente in qualche città”(nel’antica Atene e Roma) A Latina, col caso Lollo, la Giustizia ha svelato che ci sono giudici “ripieni di tutti i vizi e col puzzo di quelli” hanno inquinato ulteriormente il clima cittadino già notevolmente inquinato. Ciononostante e per non generalizzare, uomini “giusti”ce ne sono ovunque. La politica, però, non si improvvisa (Marino ne è stato un malinconico, fallimentare esempio). Il povero Di Giorgi (ultimo sindaco di Latina, decaduto) è stato tradito anche lui dalla “ingenuità” ovvero  dalla ignoranza della politica, nel suo caso anche culturale. 

 Ai due candidati a sindaco, Forte e Galante, si aggiunge Damiano Coletta, il primo un politico navigato, gli altri due prestati alla politica (imprenditore l’uno, medico l’altro) Per costoro, dunque, si tratta di una nuova avventura come lo fu per  Berlusconi. che, non a caso, si  avventurò  per autotutelarsi sapendo bene che la politica, quando è sporca, garantisce chi la fa sporca. E lui l’ha fatta molto sporca. Non è davvero il caso di Galante e Coletta, ma l’avventura e pur sempre rischiosa. Ci chiediamo se Coletta, promotore e anima di una “Rinascita civile” della cultura (troviamo l’aggettivazione piuttosto esornativa!), si candidi  con l’illusione di poter attuare una “rinascita” della politica. Col rischio, diciamo noi, di ritrovarsi intrappolato in una rete (una nuova Mahagonny) non possedendo la dovuta esperienza  in e sul campo (idem per Galante e company). Un conto è la politica, un conto la politica culturale. Niente affatto centrata, a nostro avviso, dalla citata associazione o organizzazione, la cui avventura –tale la consideriamo- ci è fin qui sembrata prevalentemente autoreferenziale, una “manifestazione”, quindi, un’epifania. Più esattamente, una civile utopia non avendo inciso “politicamente” nella città per essersi limitati gli ideatori a surrogare (epifanicamente) le imperdonabili carenze istituzionali tra cui la ingiustificata, clamorosa  assenza di un assessorato alla cultura (scippato d’autorità dall’ex sindaco Di Giorgi). Qualcuno ci dice che Coletta avrebbe una buona squadra. Siamo i primi a credere nel lavoro di squadra. che, però, non esclude il timoniere. Insomma, ci si creda o no, c’è sempre un’ideologia, una visione politica al fondo di ogni scelta; insomma, la Weltanschauung, termine che denota esaurientemente  il concetto. Quella di Forte e Galante ci è chiara, meno chiara ci risulta quella di “Rinascita civile” cui Coletta si collega e da cui proviene.  Concludiamo  con una metafora : ”Nel letto in cui siamo staremo,/ nessuno a coprirci verrà / e se uno dà calci son io / e se c’è chi li prede sarai tu”! (dall’ Opera  di  Mahagonny). Se la città permarrà ai livelli  attuali, saremo i primi a sferrare calci a chi di dovere! Se fosse, anche ad Enrico Forte che, dovendo scegliere, sosteniamo nella corsa. Assodato che nessuno è perfetto, almeno lui ha la cosiddetta praticaccia. Il “contorno” magari  sa di vecchio partito, ma è pur vero che, come disse il poeta, “conosco il meglio e al peggior m’appiglio” (Foscolo)  Per sicurezza !

Giorgio   Maulucci

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