MATURITA’ ANCORA LOR VAN CERCANDO…
Mentre si continua a discutere, vanamente, della riforma scolastica, sindacati lancia in resta contro Renzi e governo, proprio loro –i sindacati- che in tanti anni non si sono mai posto il problema della riforma né della riqualificazione della scuola, della formazione e aggiornamento dei docenti né si sono sognati di alzare gli scudi contro la Moratti e la Gelmini –almeno in maniera così “rivoluzionaria”-, siamo giunti alla milionesima edizione degli….esami di Stato già di “maturità”. E’ cambiata la denominazione, comprensibilmente: la maturità non dura una vita, ad essa segue la vecchiaia e la decrepitezza! Quindi, “di Stato” visto che di esso si parla fin dalla metà dell’Ottocento (la primissima riforma dell’ordinamento scolastico firmata da Gabrio Casati, 1859-60). Fanno tenerezza questi giovani che, ci credano o no, si apprestano con una certa emozione ed apprensione ad affrontarli. Ai nostri tempi eravamo sì, emozionati, agitati e sconvolti trattandosi di una ardua prova, senz’altro congeniale al momento storico; quando cioè si credeva ancora nelle abilità certificate e nella futura spendibilità delle medesime. Si credeva ancora in una cultura e formazione che, per quanto nozionistica, ti dava la misura se non proprio il senso della necessità di apprendere e restituire il raccolto, la consapevolezza che a nulla vale “lo ritenere senza l’avere appreso”. Ma oggi di che cosa parliamo? I giovani sono padroni di nuovi mezzi e tecnologie le quali, a torto o ragione, sopperiscono per buona parte ai contenuti somministrati “frontalmente” o per via cartacea (libri ed equivalenti). Da allora ad oggi si sono avute modifiche, variazioni sul tema – compresa la prova scritta di Italiano- tranne che per i temi di Latino o Greco (Liceo Classico), rimasti inalterati nel tempo a testimoniare, probabilmente, la “mummificazione” di due lingue che oggi dovrebbero essere proposte ed insegnate con metodi e tecniche diverse. Sarebbe più opportuno, infatti, sottoporre ai candidati il testo originale con traduzione a fronte -lo auspichiamo da anni, ci sembra sia stato recentemente ventilato, da Eco?- chiedendo loro di evidenziarne gli aspetti morfo-sintattici, lo stile, soprattutto le analogie linguistiche e strutturali con l’italiano. Variazione più, variazione meno sta di fatto che il carrozzone-esami rimane invariato. E’ una specie di festival di San Remo al quale l’Italia non riesce a rinunciare: fa parte del folklore nazionale. La domanda che da tanti anni si pone è se questa kermesse esami abbia ancora un senso. Commissione esterna, interna, mista, le abbiamo provate tutte; giratela come vi pare, gli esami di maturità sono un evento perfino mediatico tra nostalgici amarcord (interviste a personaggi famosi, intellettuali illustri, gente dello spettacolo), riflessioni dotte, critiche e suggerimenti. Non sarebbe più serio oltre che più pratico somministrare un test unificato (a livello nazionale) agli alunni di tutte le classi ? Con domande a risposta aperta circa la loro esperienza (triennio), le loro conoscenze sulle diverse discipline (su alcuni aspetti o contenuti specifici e generali di esse), la loro valutazione circa il corso di studi e loro proposte per gli alunni che verranno? Chi meglio degli insegnanti che li hanno seguiti negli anni può decretarne la compiuta maturità e/o formazione? Sul versante economico, poi, anziché continuare a tagliare a destra e a manca, questo sarebbe un salutevole risparmio (il compenso ai commissari) di cui non si avvertirebbe il danno. A proposito: si pensi allo scialo di una trentina di anni fa, quando commissari e presidenti potevano vagare per l’intera Italia con diritto d’albergo a tre o quattro stelle. Anche questo sono stati gli esami di maturità. Un incredibile dispendio di danaro da lasciare perplessi gli stessi beneficiari i quali, ad esempio, a Venezia conciliavano il ruolo professionale con quello di turisti di lusso. Chiedendosi se la cosa nonostante la pacchia avesse un senso. Si era arrivati al punto che, di anno in anno, gli alberghi delle varie città (sede di esami) inviavano ai docenti e presidenti la loro “offerta” (si diceva, malignamente, con la tacita complicità del Ministero). Da domani sentiremo gli starnazzi o zaffate di retorica sulle tracce dei temi annessi e connessi; tracce buone, meno buone, fasulle; testi superati, inadeguati o troppo moderni e pappe del genere. Non mancheranno le solite, idiote lamentele –per le tracce di Italiano- sulla inopportunità di alcune di esse (letterarie) poiché l’autore tal dei tali non è contemplato dai programmi scolastici, pensante un po’! Nel XXI secolo c’è ancora bisogno del supporto dei programmi per conoscere/parlare di Claudio Magris, Guido Ceronetti ed anche – non è una battuta- di Elsa Morante. Calvino e Montale sono stati “santificati” e oramai fanno parte dell’Olimpo novecentesco; Pasolini, vivaddio, pare lo abbiano “assolto”, ma non è una certezza. Insomma, si provi a mettere il naso fuori dei “programmi” o comunque dei vieti schemi e l’esame diventa davvero un problema di…Stato! Meglio sull’attualità, ma non sia mai toccata la politica, gli scandali clamorosi, la crisi come se la storia si fosse fermata a cinquant’anni fa. Magari quest’anno all’ emigrazione ci arrivano, all’Isis dubitiamo, ma i candidati vengono bonariamente avvertiti dai loro insegnanti ad essere cauti a sbilanciarsi in considerazioni scopertamente critiche cioè politiche: gli esaminatori sono un’arma a doppio taglio! Più sicure ed indolori le nuove tecnologie e simili; ci hanno provato con la storia dell’arte a dimostrare, chissà, che siamo un paese di bella cultura e grande prestigio artistico? Nella sostanza, esercizi di stile, niente a che fare con quelli di Roland Barthes (che mai proporrebbero). La maturità? I giovani di oggi, in parte, l’hanno acquisita a loro spese chi trafficando con internet e/o google, chi sbattendo la testa contro la disoccupazione o l’esclusione dal giro dei favoriti dalla sorte (in diversi campi), che in molti casi significa appartenere a qualche “casta”. Per fortuna valgono ancora i meriti da buon curriculum di studi e laurea presso università a tutt’oggi di prestigio (non più, ahi noi, La Sapienza di Roma) in virtù di facoltà scientifiche tuttora spendibili. Altri, invece, diciamo di certi docenti impegnati nel carrozzone degli esami, li vediamo intenti ad andar cercando la “maturità” dei candidati sottoponendoli a prove sotto sforzo vuoi di memoria vuoi di nozioni immagazzinate. Sì, perché ancora questi esami possono significare la sfida assurda tra colui che tutto sa (il docente) e coloro che poco o nulla sanno (gli studenti) di bagattelle varie. A dire la verità ciò accade anche negli esami all’Università tenuti da alcuni docenti, cattedratici e non, ai limiti e oltre del sadismo e della insensatezza. Agli esami di cui parliamo dipende molto dalla composizione delle commissioni, dall’equilibrio e buon senso di esse, dei presidenti e commissari; dal loro incontenibile bisogno, latente o evidente, di sfoggiare sapere o millantare credito. All’interno di ogni scuola si crea perciò uno squilibrio tra le varie commissioni e, conseguentemente, una penalizzazione degli alunni bene o malcapitati a seconda dei casi, chiaramente ai fini della valutazione: intere classi umiliate da voti/punteggi bassi a fronte di altre esaltate all’eccesso da voti/punteggi altissimi. Insomma, la mortificazione dei più meritevoli. E allora, vale proprio la pena di andare a cercare la “maturità” in situazioni siffatte ? Si dirà che una gara è una gara dove sono previsti i vincitori e i vinti. Anche a San Remo canzoni bellissime ed interpreti di valore sono stati spesso sconfitti da mezze calzette. Ma a conclusione di un ciclo di studio può essere bandita una gara di maturità? Gli esami, quindi, sono davvero “canzonette” ? Vorremmo consigliare ai nostri giovani un vecchio libro di uno scrittore russo, V. Tendrjakov, intitolato “La notte dopo l’esame di maturità” (magari introvabile, 1974), un documento sui problemi della scuola sovietica, un confronto tra “padri e figli”, un succedersi di reazioni diverse in un mondo complesso che vuole liberarsi di vecchie certezze. Purtroppo, siamo sempre più convinti che la scuola italiana non vuole liberarsi da certezze oramai assolutamente incerte. Tra queste gli esami di maturità o di Stato. Il nostro paese conosce l’arte di cambiare i nomi o le etichette purché si lascino inalterati i contenuti con i contenitori. Auspichiamo, pertanto, che tutti i giovani da domani impegnati nell’ “ardua prova” (non esiste!) possano dimostrare la loro maturità nel vero, molto più serio esame da affrontare: l’occupazione e l’affermazione nella vita.
Giorgio Maulucci
Tags: Alessandro Cozzolino, Giorgio Maulucci, maturità
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