UN PENSIERO FUNESTO: SALVINI

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salviniSalvini o della saturazione ad impossibilia. Patty Pravo cantava “Pensiero stupendo”, noi siamo afflitti ed ossessionati da un pensiero funesto. Lui, l’omaccione leghista, con i marroni idealmente pendenti dai lobi a mo’ di virtuali orecchini (da pirata), in bella mostra unitamente alle sue famigerate felpe (purtroppo già fanno tendenza); che magari gli stilisti emuleranno, esaltandole, alle prossime sfilate di Pitti-Uomo. In tal caso, verrebbe “traghettato” nell’isola della moda (!). Personaggio pirandelliano suo malgrado (dubitiamo sappia di quel grande, siculo e non padano), Salvini è una maschera grottesca, quella di un “uomo dal fiele in bocca” (allusione alla commedia “L’uomo dal fiore in bocca” cioè un tumore), che sentenzia per emigranti e rom metodi ed interventi inaccettabili per debellare il cancro terribile che li attanaglia (sfruttamento, emigrazione, massimo degrado). Al quale se è obiettivamente difficile far fronte anche per le irresponsabilità dell’Europa, tuttavia non può giustificarsi la mera constatazione del problema e la liquidazione sommaria di esso. Alla sua “maschera” si contrappongono le “maschere nude” di quei cristi in croce (come sono molti dei personaggi pirandelliani) di Renzi e Marino, l’uno accusato di “recitare a soggetto”, l’altro di essere mazziato e cornuto  (Pensaci Giacomino). Questi, perbene qual è, sta lottando con tutte le sue forze per rivendicare “Il piacere dell’onestà”, si spera con un riscatto e risarcimento inversamente proporzionali a quelli del protagonista della commedia di riferimento (disarmare la disonestà altrui con le armi di una puntigliosa ed orgogliosa onestà, umiliandoli). Entrambi sembrano richiedere agli italiani di “vestire gli ignudi” cioè loro dal momento che, giorno dopo giorno, si vedono stracciare di dosso le vesti (il ruolo, la dignità) di persone intente a cucire un abito se non  firmato, almeno dignitoso per l’itala gente. Da Arbasino ribattezzata “gli Itagliani” (con la g) a significare il latente e permanente “errore” di un popolo sui generis. Tutti addosso, dunque, ai presunti untori, malcapitati come quelli di manzoniana memoria, additati a furor di popolo e come tali radiati. Uno spettacolo indegno quello cui assistiamo giorno dopo giorno, che non trova giustificazione neppure nel manuale più cinico della politica, “Il Principe” di Machiavelli. Un’Italia dilaniata dai particolarismi e settarismi, dalla smania dei cosiddetti servitori dello Stato o della patria (ma per carità!) di essere, qui ci vuole, servitori di se stessi ed anche di più padroni. Mattarella, Presidente della Repubblica -dai corrotti e/o faccendieri della politica defraudata del “pubblico” (publica) ad esclusiva garanzia del “particulare” (res-cosa)-, a differenza di Napolitano, parla ed interviene molto parcamente, a nostro avviso perché, rispetto al predecessore, la cosa pubblica si è ulteriormente deteriorata ed aggravata. Quindi, indole o carattere a parte, il Nostro va ammutolendosi viepiù. Anche il Papa sembra più trattenuto nei suoi ammonimenti magari per fugare l’impressione di essere eccessivamente interventista. Ma l’Italia come la giri e la rigiri, non si smentisce nel replicare la sua oramai eterna pupazzata. Tra gli esempi più clamorosi, la riforma della scuola. Anche se con malinconia, ci arroghiamo il merito della previsione per avere immediatamente pensato e detto, al primo accenno di Renzi di voler mettere mano, tra le priorità, alla riforma, che non gliela avrebbero mai lasciata fare. Soprattutto i sindacati e i docenti che, peraltro, costoro avrebbero fatto risorgere con i “favolosi” scioperi: neanche a dirlo, non gli è sembrato vero (specie Cgil, Cobas, Gilda). Lo dicemmo quando ancora non era stato coniato lo slogan della “buona scuola”. Numero più numero meno (Camera, Senato) la questione, oltre ad essere emblematica, denota la mentalità e il difetto culturale di un paese dove la politica ha considerato da sempre la scuola come una “sottocultura”. Subalterna alla cultura propriamente intesa, di per sé superficialmente considerata nel suo valore identitario e produttivo. Tanti anni fa per i giovani ritenuti non idonei alla leva militare (riformati, si diceva, ma che fortuna!), vigeva la dicitura: RAM (ridotta attitudine militare). Per la cultura- e la scuola- si potrebbe aggiornare in RAN ovvero “Ridotta Attitudine Nazionale”. Triste vicenda davvero quella della riforma scolastica, che ci induce ogni giorno di più a rimpiangere Giovanni  Gentile (anche questo lo abbiamo scritto e documentato) e, per analogia, a guardare con attenzione all’operazione di Renzi. Riforme troppe volte tentate ed abortite sul nascere, sempre negate; quella della Gelmini, in assoluto, uno stupro dell’Autonomia ed un aborto di riforma. L’ultima, tuttora in discussione, insensatamente contestata e bestemmiata. Sorvoliamo sul preside-padrone (ne abbiamo scritto estesamente) poiché stentiamo a credere che persone intelligenti e del settore possano fraintenderne, fino all’esasperazione, la effettiva funzione; tanto da negare la necessità od opportunità di interventi non già censori, bensì di professionale e democratica verifica. Certo, ci si dovesse trovare di fronte a soggetti “minorati” come quel preside di un Alberghiero la cui circolare è stata pubblicata integralmente ad E. Galli Della Loggia (Corriere della Sera, 29.5), c’è da inorridire. Della Loggia parla di “stupri sintattico-grammaticali, che gareggiano con la surreale demenzialità dell’enunciato, con un effetto complessivo degno del migliore Totò”. Non ci sono dubbi che presidi siffatti siano una eccezione che non confermano la regola e andrebbero decisamente destituiti dall’incarico. Il controllo e la verifica o monitoraggio, lo abbiamo ribadito fino alla noia, sono sacrosanti e incontestabili sia per i presidi (specie quelli che abusano della loro autorità) sia per i docenti (quelli vistosamente improduttivi e/o eticamente e professionalmente incerti). Il fatto è che la scuola italiana, nella media dei casi, sembra essere il porto franco del popolo indiscriminato di docenti meritevoli e meno meritevoli; di presidi o dirigenti burocrati o fantocci (lo standard “presidenziale”) così voluti dal sistema e dai sindacati. Uno stralcio della circolare folle citata. “Circolare n° 44. Oggetto: circolazione circolari. Sono state rappresentata (sic!) alcune rimostranze da…genitori dell’albelghiero e dei rappresentanza (sic) riguarda (sic) la mancata circolazione di alcune circolari. Si raccomanda di far circolare per le classi agli studenti tutte le circolari e di farle ricircolare per le classi uscite prima. Si raccomando (sic) di mantenere un flusso continuo di circolazione e di ricircolazione delle circolari anche con l’ausilio attivo e fattivo all’istituto alberghiero degli studenti di accoglienza turistica”. Non nascondiamo che, sulle prime, abbiamo avuto il dubbio trattarsi di una geniale “giullarata”, magari di una beffa tanto esilaranti sono il contenuto e il lessico. Della Loggia assicura che trattasi, invece, di un autentico d’autore cioè di preside analfabeta per il quale fa appello al Ministro di intervenire e sollevarlo dall’incarico. Per soggetti del genere non vale certo la pena scioperare! Tornando ai nostri eroi, Renzi e Marino continuano ad essere bersagliati dagli Ostrogoti di turno dicasi frange PD, extravaganti ad una o più stelle, “al-legati” padani, romani o apolidi etc., tutti insalvabili e niente affatto salvifici; “ciascuno a suo modo” (ancora Pirandello), targato S.A.L.V.I.N.I.(Senza-Alcun-Limite-Vanaglorioso-Inadempiente-Non-Innocuo). Renzi non è di certo persona dalle ridotte attitudini, tutt’altro, classificabile REN (Reattore Energia Nucleare). Marino, invece, può dirsi dalle “ridotte attitudini d’assalto” (RAA) ma non per questo riteniamo che debba essere “riformato”(defenestrato) perché i marroni (a differenza di Salvini) ce li ha al posto giusto ed opportunamente custoditi. Signori miei (sicut ille dicit), per concludere come abbiamo iniziato (pirandellianamente), non rimane che constatare che “Così è se vi pare” augurandoci che, chissà mai, la libido della disonestà sia azzerata da “Il piacere dell’onestà”.      

Giorgio  Maulucci

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