Una città perennemente di serie B. Di G. Maulucci
“Aufstieg und fall der Stadt Mahagonny” (Ascesa e rovina della città di Mahanonny) è il titolo di una delle opere più belle -testualmente e musicalmente- di B. Brecht, anno 1929. Mahagonny è una città immaginaria, una specie di paese di bengodi dove tutto è ammesso; un pantano di corruzione e prostituzione varia, dalle puttane di mestiere ai puttanieri, dai camorristi ai truffatori di ogni risma. Brecht, da autentico tedesco, era un attento lettore della Bibbia e quindi non poteva esimersi dal far precipitare sulla capitale del vizio (Mahagonny) la dura punizione biblica. L’opera ci veniva in mente a proposito della perdita dell’ultima occasione sportiva –la serie A- di Latina. Che in fatto di iniquità, traffici e malaffare non è che una delle tante città italiane (tutte?), magari con qualche sottrazione per merito delle (insolite) persone perbene ovunque perdenti. Riflettevamo proprio sul progresso sociale, umano e politico della città negli ultimi decenni, sempre in bilico tra una resistibile, presunta “ascesa” e una costante, avvilente “caduta” in stagnante palude. Da più parti, infatti, ci si continua a chiedere perché mai questa città, dopo il consolidato “rodaggio”(città di fondazione), stenti a decollare nonostante le tante energie positive giovani e meno giovani, le professionalità e gli affermati talenti; le iniziative pregevoli e siti ambientali o urbani sicuramente attraenti. A chiedersi del suo essere permanentemente in apnea come fosse impedita da un soffocamento endemico, da un “soffio al cuore” che la trattiene sempre dal prendere la rincorsa. Da anni la camorra si è impadronita di essa (come altrove) insieme a bande organizzate di “zingari”; da imprenditori ed imprese sfrontati e senza scrupoli; di amministratori e politici noncuranti di abusivismi e altro quasi avessero calcolato l’immunità a prescindere. Si dirà che tutto vi accada secondo la regola che l’accomuna ad ogni luogo della penisola, la più infestata “di crimini fra le civili d’Europa”, popolata da “mafiosi, camorristi, prefetti ladri, processi scandalosi, impotenza amministrativa, insipienza politica, dotti ciarlatani, politici da caffé (compresi quasi tutti i socialisti)….”: A. Labriola disegnò già allora un quadro perfetto dell’Italia. “Terra prostituita, premio sempre della vittoria” per il Foscolo (!). Tutto quel che si vuole ma in diverse città italiane, qua e là, si è comunque registrato qualche sussulto, il “controvalore” della indignazione o reazione popolare salvo certe zone del Sud, colpevole la atavica rassegnazione. Che a nostro avviso è la stessa di questa città. Rassegnazione ed assuefazione, ma anche sprezzante indifferenza unita a innamoramento smodato della propria immagine provinciale e “vetrinista” (l’apparire). Ennio Flaiano scriveva che “Questo popolo [italiano] ha un bisogno sfrenato di ingiustizia”; parafrasando diremmo che la gente di Latina ha uno sfrenato bisogno di mantenere lo statu quo. E se “Molti italiani si sentono tali più per il fatto che ci sia Fausto Coppi piuttosto che un Eugenio Montale” (N.Bobbio), moltissimi a Latina si sarebbero sentiti onorati cittadini se si fosse passati gloriosamente in serie A. Ritenendo trascurabile che non ci sia un assessorato-assessore alla cultura, una degna valorizzazione ed utilizzazione (turistico-culturale) di quei pochi ma niente affatto disprezzabili musei presenti in città (e in zona); di una marina e un lungomare a dir poco indecenti etc. Il tifo è ammesso e sacrosanto, per carità, così come la passione sportiva. Che in questa città però sembra aver attecchito nell’inconscio collettivo come ammortizzatore culturale ( la cultura “per sport”!). Forse esageriamo, ma leggiamo la mancata “ascesa” in serie A come un segno biblico. Quasi a significare che trattasi di una città destinata a decrescere per insufficienza di vitalità o di spinta energetica. A rimanere perennemente in serie B sia per la qualità della vita -senza nulla togliere al contorno naturale (compreso quello non valorizzato), che purtroppo rimane un accessorio di scarso profitto- sia per la configurazione sociologica. Pertanto non appena si prefigura o annuncia la “ascesa” (in tutti i campi), essa prelude sempre ad una inevitabile “caduta” e perciò risulta effimera. Vissuti da sempre a Latina, in vecchiaia ci chiediamo ogni giorno in che cosa sia cambiata. A parte le inarrestabili evoluzioni epocali, obiettivamente ci viene da dire in peggio colpa della incuria e dabbenaggine della politica da un lato, della infingardaggine della popolazione, dall’altro. Eterogenea o “mista” per ragioni storiche o di fondazione, che evidentemente non ha mai trovato il collante ideale per riconoscersi in una superiore identità. Forse Latina molto più di altre città italiane, per la sua particolarità risulta ad immagine dell’Italia, la quale “non è fatta a blocchi uniformi, ma è frammentata e mescolata, quasi un labirinto di specchi dalle impensate rifrazioni” (Guido Piovene).
P.S. Non siamo d’accordo con l’intervento dello scrittore Antonio Pennacchi (Oggi Latina), che apprezziamo per il tono scherzoso e affabulatorio, ma non riteniamo credibile che dopo ottant’anni a Latina si debba ancora parlare dell’ombra o “maledizione” fascista, un alibi oramai di comodo. Né ci convince l’auspicio dell’affratellamento delle “razze” territoriali in nome del calcio e sport in genere. Preferiamo il riconoscersi e abbracciarsi collettivo a seguito della vittoria di un nostro concittadino per il premio Strega. Per i mondiali il discorso è ovviamente diverso.
Tags: Alessandro Cozzolino, Giorgio Maulucci, Latina, pd Latina, serie B
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