LA LEGGE DEL CONTRAPPASSO
Di fronte alla mostruosità islamica avvenuta a Parigi, la prima reazione è quella di esigere una drastica, esemplare “restituzione”. Ci riferiamo alla legge del taglione o del contrappasso che, prima di Dante, ha sottoposto all’attenzione Aristotele (Etica Nicomachea) esaminando il problema della giustizia, distributiva e commutativa a seconda dei casi. “Alcuni ritengono anche che la legge del taglione sia assolutamente il giusto; e così affermano i Pitagorici; essi infatti definiscono in senso assoluto il giusto come il rendere agli altri il contraccambio [antipeponthòs= contro patimento]. Ma la legge del taglione non s’accorda con la giustizia distributiva né con quella regolatrice…..” Per Aristotele il contraccambio si verifica se vi è “equa proporzione”, dovendosi sempre pareggiare la differenza, “…se ciò che fa parte attiva in quantità e qualità non fosse rimunerato dalla parte attiva” non c’è equità. Non che Aristotele liquidi su due piedi dedicando alla questione un intero capitolo (il V). Acquisito il concetto e il termine del contrappasso prima da S. Tommaso (contrapassum, Summa Theologica), poi da Dante, è ovvio che nel caso di Dio la questione della parità si sbilancia; per gli uomini, invece, si tratta di commisurare la pena/punizione esattamente all’entità del peccato/danno. In soldoni, e non citando a caso: tu tagli la testa a me, io la taglio a te; in alternativa, una pena equipollente. I tedeschi, in via Rasella (Roma, 1944), uccisero dieci italiani (partigiani) per ogni tedesco ucciso: questa non è la legge del taglione bensì ignobile, orrenda rappresaglia. Quanto agli attentati e stragi islamiche, parliamo di gente che contrabbanda l’assassinio per fede e religione (terrorismo demoniaco), che considera la vita umana merce da guerra e l’uomo una vittima sacrificale, che equivale a dire carne da macello. Che non capirà mai che la donna ha gli stessi diritti dell’uomo, concetto contrario ai suoi principi religiosi ed etici, un paradigma che li “eccita” contro l’Occidente. Che non capirà mai tutti i discorsi che si stanno facendo sulla satira, le vignette, i disegnatori, gli intellettuali: non gliene frega nulla, fiato sprecato come pure aria fritta sono le manifestazioni, le matite in aria etc. Tutto ciò vale per la nostra cultura e civiltà, non certo per la loro. Sono barbari e come tali vanno isolati ed annientati. Come? Dubitiamo con la diplomazia e la persuasione. Siamo ben consapevoli della complessità del problema, dei probabili, accertati o improbabili errori dell’Occidente; della ingovernabile diversità e molteplicità delle religioni; della inopportunità o pericolosità di scatenare rappresaglie o guerre di religione (delle Due Rose, dei Trent’anni tra le più famose), che di fatto hanno sempre una matrice politico-ideologica. Ciò riconosciuto, capiamo anche che il mondo occidentale (ed ora il cuore dell’Europa) è seriamente minacciato dal cancro inestirpato del terrorismo islamico o arabo o palestinese che sia. Che si differenzia per metodi ed efferatezza da quello degli anni di piombo (brigate rosse o nere) prevalentemente per i kamikaze. Entrambi ispirati, sia pure a diversi livelli, l’uno dal fanatismo e fideismo anarcoide –l’abbattimento dello Stato e della democrazia-, l’altro dal fondamentalismo arcaico -la guerra all’occidente, religioso e non-. Il film di Eastwood (American Sniper) fa vedere come sia pressoché impossibile stanare, bloccare e colpire i peggiori barbari della storia dell’umanità, dalle Torri Gemelle in poi, che proliferano e si propagano come cellule impazzite, resistenti ad ogni “terapia” d’urto (laparoscopica o a cielo aperto!). Nel caso dei brigatisti e del terrorismo, lo sappiamo, ci sono state connivenze altro che criminali della politica; ci sono voluti degli anni prima che si scoprissero gli esecutori materiali, i covi, gli strateghi. Di alcune stragi ancora oggi mancano tasselli importanti. Il fenomeno, comunque, in un modo o nell’altro, è stato circoscritto o arginato, ciò che è impossibile fare nel caso islamico-orientale. Giocando con le parole, circa il terrorismo di casa nostra (Europa compresa), potremmo parlare di individui “scelti”, per quello islamico di gente “sciolta” oltre che invasata. A nostro avviso, però, si minimizza nell’attribuire la causa dell’impressionante fenomeno a cani perduti senza collare, ad un manipolo di giovani neo-naziskin che agiscono spinti dal disagio, dal culto della violenza e simili. Il fatto stesso che invochino Allah, che sono debitamente addestrati etc. implica incontrovertibilmente che agiscono all’ombra o sotto l’egida di una organizzazione e quindi di una idea inculcata e maturata. Azzardiamo: più brigatisti “neri” che “rossi”. La Germania fu molto criticata all’epoca della banda terroristica Baader Meinhof circa la gestione della faccenda, ma a male estremo rimedio estremo. Quanti innocenti o inermi vengono massacrati (fisicamente e non) nelle prigioni, negli interrogatori o altri luoghi in molte parti d’Europa? Senza ragione alcuna, solo per esercizio della violenza. Cosa altro spinge se non lo stesso esercizio gli adepti della fede islamica, autoctoni e, purtroppo, importati o affiliati? Siamo sempre stati contro la pena di morte e continuiamo ad esserlo poiché non giustifica la soppressione legalizzata del sia pure più efferato assassino, per il quale vale e basta l’ergastolo; di fatto si tratta di un’azione individuale, non dettata da una fede né pensata contro la comunità o la popolazione inerme. Nel caso in questione si tratta di delitti contro l’umanità per i quali avrebbe senso una pena capitale. E’ chiaro che il problema non si risolve “ad personam” (legge del contrappasso); che l’Europa debba impegnarsi in una politica di distensione e approfondimento culturale in materia. Ma sembra assodato che il problema sia a monte: l’Islam e contorni non intende essere occidentalizzato né accettare i sistemi e i principi democratici della tradizione occidentale. L’Islam moderato? Per ora, un aspetto ininfluente e marginale della questione. D’altra parte come non esiste una verità insindacabile così non esiste un’unica religione. Il problema sta nella disponibilità o meno al dialogo e al reciproco rispetto. Per certi versi lo stesso cattolicesimo è massimalista; non sarà un caso che nelle scuole venga imposto l’insegnamento della religione cattolica piuttosto che lo studio e la conoscenza della storia delle religioni. Ci sono gli integralisti, i bigotti e i farisei, per fortuna anche il Vangelo e la Bibbia, due libri non solo sacri, ma letterariamente e poeticamente elevati rispetto al grigio, intransigente Corano. Grazie all’insegnamento di quei libri il cristianesimo si è affermato nel rispetto della libertà e della dignità umana. Non paragonabile alla religione dell’Islam, tutt’altra concezione, altra cultura e forma mentis; che si pretenderebbe cambiare con la diffusione della democrazia, incomprensibile per quei popoli. A meno che non scelgano di “europeizzarsi”: in tal caso scatta a buon diritto il discorso sulla urgenza dell’integrazione con annessi e connessi. Ma “europeizzare” un’idea religiosa sembra arduo nonostante l’appello alla universalità della fede o dello spirituale. E’ questa la grande sfida lanciata da Papa Francesco: soltanto lui potrebbe farcela, non certo la politica dei governi (meno che mai quello italiano). Il nostro pensiero va ai caduti della redazione del giornale satirico “Charlie” come a tutte le vittime di ieri dei nuovi barbari. Sono nel nostro cuore ferito, che vorrebbe per loro non sappiamo quale giusto risarcimento qualora esista.
Giorgio Maulucci
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