Quel Dario fu…Fo. Di Giorgio Maulucci
Giorgio Maulucci e il suo pensiero, diventato ormai un classico del blog.
“Non sono pochi quelli della mia generazione (settantenni) che hanno amato, condiviso e seguito Dario Fo non solo come attore, ma anche come obbligato punto di riferimento per i “rivoluzionari” di allora. I suoi spettacoli (La Comune) erano lezioni di politica, vitamine ideologiche e culturali. Anche per i non estremisti come noi che guardavamo con circospezione a certo extraparlamentarismo snob; che solidarizzavamo con la classe operaia purtroppo mai ascesa in paradiso (il film di E. Petri). Che cosa è stato “Mistero Buffo”? Un capolavoro di architettura mentale e teatrale. Il disvelamento dell’antiletteratura, la traccia cioè per leggere-insegnare la letteratura innervandola nel sociale, nel politico e, finalmente, nella realtà viva. Per non parlare delle commedie (sul caso Pinelli, Valpreda, la polizia e altro) dal taglio impeccabile della denuncia, della satira corrosiva e spietata. Giocava d’effetto, lui, sicuro della sua arte di comico sapientemente costruita sulla tradizione giullaresca e la Commedia dell’Arte. Uno Zanni ineguagliabile che sprizzava intelligenza e cultura, che scagliava battute “all’improvviso” con la simultaneità di fuochi d’artificio; improvvisazione la sua sempre d’autore e mai casuale (come in quella Commedia). Un linguaggio pirotecnico, dunque, culminante nel botto finale del grammelot, del non senso cui sapeva dare un senso pieno in virtù di una mimica, gestualità e vocalità indicibili. Fo è stato e rimane il più grande giullare del Novecento, di raffinata cultura (come lo erano i giullari dell’epoca). Lo dimostrò finanche con Brecht reinventandosi “L’opera da tre soldi” in chiave comico-giullaresca, che diventò “L’opera dello sghignazzo”. Con la messa in scena de “Histoire du soldat” di Stravinskij in chiave social-proletaria. Coraggiosamente sfidò (con F. Rame) la televisione con una edizione di “Canzonissima” che sarebbe stata davvero “futurista” (in anticipo sui tempi) se non fosse stata censurata dopo le prime puntate e immediatamente abbandonata in tronco da lui e tutta la compagnia. Un clamoroso vaffanculo alla televisione di Stato, che nulla ha a che vedere con i vaffa grillini. E questo è il punto. Pur conoscendo da sempre l’indole anarchico-estremista di Fo -il suo comunismo “integrale”-, oggi non ci capacitiamo della sua empatica adesione ad un personaggio a dir poco squallido e spregevole quale è Grillo. Che peraltro non abbiamo mai apprezzato come comico; nei panni di Fo ci sentiremmo offesi nell’essere considerati suoi colleghi. A meno che il Maestro non sia attratto da una malintesa “generosità” artistico-popolare del compagno di strada (letteralmente on the road!), di fatto volgare populista, emerito fascista, intellettualmente disonesto. Un “porco del gregge di Epicuro” se volessimo fare dell’ironia alludendo a lui e al suo mentore Casaleggio (forzando ad usum delphini la celebre espressione di Orazio). Ci chiediamo a che titolo, a quale scopo Fo lo sostenga ed offenda gli elettori a lui avversi, a suo dire deficienti. Che cosa vede e intravvede in un personaggio che non è né politico né attore? Chi come lui conosce a perfezione l’arte della satira politica, dello “sghignazzo” e del teatro non può non capire che Grillo è un ventriloquo gorgogliante, dal fastidiosissimo gri-gri urlato; che affastella parole in libertà come neanche il più zoccolone dei futuristi ha mai azzardato. La difesa di costui da parte di un insigne e autorevole Premio Nobel può bastare a convincere l’opinione pubblica? Per inciso: nonostante l’incondizionata stima di Fo non approvammo l’assegnazione del premio, che avrebbe meritato Mario Luzi, uno dei più grandi poeti del Novecento. Oggi francamente stentiamo a stimarlo vedendo in lui un gran vecchio che ha preso sotto la sua ala protettiva un soggetto che tutt’al più può dirsi una escrescenza extraparlamentare del tempo che fu-fo, una larva di cui forse sente nostalgia. Insomma un residuato del sottoproletariato pecoreccio. E allora perché? Se l’onorevole uomo di spettacolo alla sua veneranda età è convinto che gli italiani sono un popolo di imbecilli; il PD o sinistra che dir si voglia qualcosa di ignobile, al cui confronto ogni turpitudine verbale e comportamentale (di Grillo) è lecita e condivisibile, dobbiamo sospettare che egli si diverta a “giocare”(joglar-giullare) d’effetto; facendo peraltro il “gioco del grillo”. A continuare a far teatro da par suo sparando a zero sulla immarcescibile classe borghese dal fascino discretamente ambiguo (il film di Bunuel!), bersaglio privilegiato delle sue memorabili performance. Non così deprecabile, però, a confronto di un individuo che non ha un straccio….di classe! Se tornasse a recitare “Mistero Buffo” ci piacerebbe che Fo sostituisse il personaggio di Bonifacio VIII (“il papie”) con quello di Beppe XIV (il pirla), un “antipapa” altrettanto esecrabile e lo dipingesse con egual sarcasmo e irriverenza. Di recente, in barba al suo anticlericalismo, a quell’antico e tristemente famoso papa (Dante lo colloca all’Inferno) ha contrapposto Papa Francesco, esaltandolo in un sorprendente ed efficace monologo: ancora una volta da grande attore- giullare. Se, invece, continua a sostenere l’insostenibile nefandezza del guitto Grillo, proporrei che gli venga assegnato un altro Nobel, questa volta per demenza senile, sicuramente meritato. Motivazione: “Per aver dimostrato nella sua lunga carriera di essere approdato ad una magistrale insensatezza realizzando appieno l’assurdo nell’arte politica”.
Giorgio Maulucci
Tags: Alessandro Cozzolino, Dario Fo, Giorgio Maulucci, Grillo, pd Latina
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