RIFORMA IDEALE LOR VAN CERCANDO: LA SCUOLA DI SFORZINDA
Dopo quella di Giovanni Gentile, nessuna riforma è stata perfetta, neanche perfettibile visto che finora la scuola italiana non è stata in grado di partorire riforme se non adombrate con/nelle sperimentazioni. Quando ci ha provato, ha infelicemente abortito e così sia. Nessuno parla di riforma perfetta se non in astratto come i sindacati e lo stuolo di “protestanti” che inneggiano ad Allah come l’unico dio infallibile. Perfetta non fu neanche quella di Gentile poiché inficiata dal privilegio elargito alle scuole private e/o confessionali, al regime, annessi e connessi (i licei classici elitari etc.). Tuttavia, nel corpus, ben strutturata e congegnata tanto che perfino Gobetti e Gramsci dovettero apprezzarne l’impianto. Quella attuale, se non può corrispondere in tutto e per tutto ad una “buona scuola”, ha tentato almeno di configurare una scuola decente dove non si parla –sindacalmente- soltanto di stipendi, assunzioni e problematiche, imprescindibili dal discorso-problema scolastico, ma poco poco anche di metodi, di insegnamento e contenuti. Per chi ancora non l’avesse capito, la rivolta si concentra essenzialmente su/contro il preside-padrone, quindi, sul la/contro la valutazione-verifica dei docenti. Tanti anni fa, per i presidi, solo per loro, erano previste-prescritte le “note di qualifica” che il provveditore agli Studi, al termine di ogni anno scolastico, sottoponeva ai presidi perché ne prendessero visione e le sottoscrivessero. Al 95% la qualifica era “ottimo”, per lo più una pro forma, ma pur sempre un deterrente. Dagli anni Novanta in poi furono abolite. Con una punta di malignità non esente, però, da verità, la ragione, per dirla tutta, fu di pari opportunità: pur di esentare i docenti dal possibile rischio di essere valutati, si pensò bene di “graziare” i presidi! Sembra una barzelletta, ma è davvero una cosa seria. Dunque, preside-padrone o despota ? Diciamo, più onestamente, docenti-padroni ovvero intoccabili nel loro sacro ruolo. La scuola italiana paga ancora, nel XXI secolo, atavici pregiudizi e presunzioni di privilegi. In tempi remoti si diceva, specie alle figlie femmine, di imbarcarsi nell’insegnamento poiché garantiva tot ore di lavoro, misurate, di fare la spesa, badare ai figli etc. Si pensi che nel primo anno degli Istituti Magistrali, c’era una cattedra di Lettere -classe di collegamento- di 12h settimanali, incredibile dictu! Col passare degli anni, le cose sono cambiate a tal punto che il lavoro a scuola, per i docenti che hanno saputo e voluto lavorare sodo, è diventato bestiale, insostenibile. Tuttavia, il sistema (italiano) è rimasto invariato: 18h sett.li, stipendi tra i più bassi in assoluto, programmi rimodellati, certo, in gran parte per merito sempre di quegli insegnanti –tanti- degni del ruolo, che hanno avuta la capacità di reinventarseli ma, loro malgrado, lo schema di essi e del sistema, fondamentalmente, è rimasto quello dell’antico stampo, pregiudizio e/o privilegio. Insomma, della “sine cura”, della scuola simile ad un porto franco, a tout bon faire. I sindacati non hanno mai risolto il problema delle ore eccedenti, pagate come straordinarie o prestazioni aggiuntive e bagattelle varie, praticamente, come premio di operosità. Anche nella attuale riforma ci sono dei premi o dei bonus. In proposito, fossimo stati in Renzi, avremmo chiamato la Camusso e company e la/li avremmo costretti a trattare un aumento considerevole di stipendio, quanto meno per una retribuzione riconosciuta e non straordinaria, ad esempio, per la correzione degli elaborati (si noti bene, a casa). Da sempre anche i docenti non implicati nella correzione hanno rivendicato l’impegno, reale, della preparazione delle lezioni, altrettanto oneroso, d’accordo, ma diversamente gestibile. L’attuale riforma, per la prima volta, inferisce ai contenuti per i quali, se non leggiamo male, ha attentamente guardato alla sperimentazione della Autonomia (in parte, al Brocca, per il Diritto), miseramente azzerata dalla Gelmini senza che i sindacati e tutti i rivoltosi dell’ultim’ora abbiano latrato caninamente. Vi sono previsti, infatti, l’Arte, la Musica, il Diritto ed una serie di “combinazioni” e/o margini lasciati alla fantasia (competenza) dei docenti e dirigenti migliori. Torniamo al punto: preside-padrone o docenti-padroni? Più volte siamo stati tentati (in qualità di preside) di mettere all’ingresso dell’istituto un allegro striscione con su scritto: “Il docente non ha sempre ragione”. Sì, perché un’altra prerogativa della scuola italiana è l’insindacabile operato dei docenti i quali guai a toccarli o a riprenderli. Fatti alla mano: nel rispetto della normativa, controllavamo i registri personali, gli elaborati corretti e via dicendo. Un anno dovemmo riscontrare in un tal registro delle anomalie, che annotammo negli spazi riservati di esso. L’insegnante in questione chiamò un ispettore ministeriale, che sottopose il dirigente ad “esame”, tranquillamente superato! Tre osservazioni: 1)l’insegnante è intoccabile; 2) la verifica è letale; 3) il preside non è il padrone, bensì il docente! E comunque, come abbiamo già scritto, nel caso della riforma tanto malfamata, il preside non è, non può assolutamente essere l’arbitro indiscusso: c’è un Collegio dei Docenti che, se funziona a dovere, può bene far sentire le proprie ragioni e la voce.; ci sono altri organi di controllo. Su face book, rispondendo ad un “amico”, abbiamo detto dei docenti “per caso”; questi ha replicato simpaticamente che ci sono anche i presidi “per caso”, ovviamente pericolosi. Abbiamo replicato, a nostra volta, che c’è una differenza: per quanto un preside possa essere “per caso” (inaffidabile), non farà mai i danni provocati da certi docenti sulla psiche e sulla formazione degli alunni, danni incalcolabili (anche in fatto di valutazione), difficilmente equiparabili al danno che un preside siffatto potrebbe fare nei confronti dei docenti. Quel tipo di docenti, fino ad oggi, è sempre stato incensurato, se verificato mai intaccato. E non parliamo dei contenuti o competenze. Signori miei, direbbe il Re, ci siamo attenuti ai fatti e noi, che non siamo Don Abbondio, diciamo che questa riforma s’aveva da fare! Infine, provocatoriamente, auspichiamo l’avvento(!) di un Principe ovvero di un preside-dirigente….Signore, alla stregua di quello delle splendide signorie cinquecentesche, con tanti geniali “artisti” (docenti) che producano per lui e la collettività. Sì, un Principe tra il machiavellico e lo sforzesco che attui, finalmente, la Scuola di Sforzinda, una repubblica in cui si crei il commercio delle idee. L’ utopia al potere? Certo, la “buona scuola”!
Giorgio Maulucci
Tags: Alessandro Cozzolino, Giorgio Maulucci, scuola
Trackback from your site.