Abbiamo rivisto ieri sera (in televisione) “Morte a Venezia”(1971) di L. Visconti. Pregevole film estetico-letterario; grande lezione sul Decadentismo europeo che solo un regista sensibile, di raffinata e profonda cultura quale è stato – e rimane – Visconti poteva realizzare (per non parlare di un altro suo capolavoro, “Ludwig”, recentemente trasmesso). Fedele e insieme personale trasposizione de “La morte a Venezia ”, il lungo racconto (più che romanzo) scritto da T.Mann nel 1912. Ci chiediamo ancora oggi perché Visconti abbia tolto al titolo originario l’articolo (ted. Der), che determina la morte, appunto, trattandosi di una morte “estetica” e non accidentale. Rivedendo il film ci è tornato alla mente uno degli intellettuali, poeti e artisti contemporanei più arguti ed intelligenti, Guido Ceronetti, del quale recentemente abbiamo letto un articolo per noi confortante e al tempo stesso disarmante: Confessione di uno scrittore semifallito sul degenerare della lingua. “Com’è possibile che importanti giornali seguitino a traslitterare la notissima parola araba al-qàida (la Base), come al-Qaèda, che è pronuncia perfettamente folle?….La perdita di lingua, spregevolmente prostituita all’angloamericano, resa astrazione immonda dall’abbandono della scrittura manuale….”(La Repubblica, 13.07.14).