Posts Tagged ‘Giorgio Maulucci’

LA BUONA SCUOLA: IL SOGNO IMPOSSIBILE DI RENZI, “L’UOMO CHE RIDE”

Pubblicato da Giorgio Maulucci. In Dai blogger

Renzi_buona_scuolaDopo quarantaquattro anni nella scuola (come docente e dirigente), sappiamo di che cosa parliamo. Proprio per questo continuiamo a professare il nostro scetticismo sorridendo ed irridendo alla tanto reclamizzata “buona scuola”. Non fosse altro perché continuiamo a constatare che si persiste ad affidarne il governo, i rattoppi, le pianificazioni ministeriali a quanti di essa poco realmente conoscono se non in modo orecchiato o approssimativo. Sorridiamo nel sentire annunciare:  più Arte, Musica, Diritto; più potere ed autonomia ai presidi/dirigenti; più autonomia nei programmi e nella didattica; più controllo dei docenti ovvero in-docenti; non più aule “pollaio”;  più cultura. Per una paese come il nostro, che della cultura ha fatto carta straccia, quest’ultimo obiettivo sembra davvero risibile. Non sappiamo se Renzi sia documentato sulle tante sperimentazioni che, in passato, sono state attuate nella scuola italiana, attraversata non invano (per i risultati) da un vento innovatore per diversi anni; che è andato via via sempre più attenuandosi fino al ristabilirsi della calma piatta.

V I V A L E I

Pubblicato da Giorgio Maulucci. In Dai blogger

mina-viva-lei“Viva lei”, Mina. La canzone la scrisse Paolo Limiti nel ‘70 (la lei, ovviamente, non è Mina). Per chi l’ha seguita dalle origini come noi, lei è inconfondibilmente Lei. “Un bacio è troppo poco” per il suo settantacinquesimo compleanno. Era la sigla del varietà radiofonico “Gran varietà” (la domenica mattina), e avvertivamo tutti un brivido nella schiena, sognando quel bacio. “E se domani” non cantasse più ? Tutte le altre voci della canzone italiana si incrinerebbero sulle note di “E poi e poi” ? Il popolo dei suoi ammiratori si chiederebbe perché “Se il mio canto sei tu” (1979). Quella canzone (E se domani, di C.A. Rossi) fu presentata a San Remo (la cantava Gene Pitney, non ricordiamo l’altro interprete), squalificata subito nella prima serata passò inosservata. Fu trasmessa per radio qualche settimana dopo, buttata là;  la cantava lei insistendo su quel “…e sottolineo se” con struggimento e determinazione, risolvendo una ordinaria storia d’amore deluso e ferito in una romanza toccante per verità e sentimento; restituendo la delicata semplicità ed intimità del testo. Suonò tutt’altra canzone da quella sanremese. Proseguendo idealmente, con languida melanconia (sul lato B del 45 giri) con “Quando vedrò” (stesso autore), un umile confessione di rinuncia all’amore negato, un piccolo idillio sommerso dal clamoroso successo dell’altra (latoA), pressoché ignorato.

LATINA COME LA CITTA’ DI MAHAGONNY: “MARCIA”

Pubblicato da Giorgio Maulucci. In Dai blogger, News

Latina_bianco_neroPiù di una volta E. Scalfari, nel suo editoriale della domenica (La Repubblica), ha citato Brecht: il Mackie Messer de “L’Opera da Tre soldi” associato a Berlusconi, la “Città di Mahagonny” associata all’Italia. Lo ricordiamo per parare il colpo visto che chi scrive, per essere un brechtiano convinto e, sembra, competente in materia, ogni qual volta cita Brecht si aspetta: “E ti pareva”! Siamo, quindi, onorati di essere in buona compagnia. Personalmente è da tempo che pensiamo alla Mahagonny come il “negativo” di Latina, oggi una fat city (città grassa) nell’accezione peggiore, all’origine città “immaginaria”, fondata di bel nuovo su presupposti dubbiosi e ambiziosi, con mitiche prospettive. In seguito, città “ideale”, specialmente per fascisti d’origine e i nostalgici dei nostri giorni.

UN PICCIONE VOLA SUL CINEMA “SPAZIALE” del XXI sec.

Pubblicato da Giorgio Maulucci. In Dai blogger

un-piccione-seduto-riflette-sull-esistenza-film-svedeseI riferimenti obbligati per l’incredibile, bellissimo film dello svedese Roy Andersson,  “Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza”, sono filosofici –nihilismo, esistenzialismo, cinismo-, lo humour nero, il surrealismo; segnatamente, il teatro dell’assurdo, lo straniamento brechtiano. Ogni personaggio suggerisce un “concetto” emblematico dell’esistenza: la morte, il dolore, la beffa, la delusione, l’amore facile e difficile, la violenza, il degrado, la sopraffazione. Due di essi richiamano da vicino Vladimiro ed Estragone di “Aspettando Godot” (Beckett), una sorta di clown pieni di tristezza, involontariamente comici; dei falliti di professione che si lasciano vivere. Nella vita sono rappresentanti di oggetti-giocattoli per “far ridere”, per portare allegria: solo a vederli sembrano due fantasmi o morti in vacanza, deprimenti e sconcertanti. Due presenze metafisiche, senza peso né spessore; il filo rosso che attraversa e collega i diversi “quadri”  che compongono il film; storie bislacche diverse tra loro eppure accomunate dal non senso.

Ansa

SKY TG24

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